Freud e Signorelli. Orvieto e l'Etruria nell'ombelico del sogno psicoanalitico

Freud e Signorelli. Orvieto e l'Etruria nell'ombelico del sogno psicoanalitico

La forza di contagio degli schemi di pensiero della psicoanalisi si può cogliere in forma esemplare nella vasta letteratura generata dal «caso Signorelli». Sull’episodio della dimenticanza da parte di Freud del nome del pittore di cui nel 1897 aveva ammirato gli affreschi nel Duomo di Orvieto si sono esercitate schiere di studiosi, indotti a trasformarsi anch’essi in «detective dell’anima» alla ricerca di una soluzione che risultasse più convincente, più profonda (e più freudiana) di quella proposta, non senza contraddizioni e reticenze, dal padre della psicoanalisi. Nel concedersi alla seduzione di quest’impresa non sempre si è tenuto in debito conto un avvertimento beffardo dello stesso Freud: «Che i biografi si arrovellino pure; noi non renderemo facile la loro fatica. […] già adesso mi diverto al pensiero di come se ne andranno tutti fuori strada».
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