In difesa di don Giovanni. Mitobiografia di una femminista

In difesa di don Giovanni. Mitobiografia di una femminista

In un periodo in cui don Giovanni è il più delle volte rappresentato come un playboy violento, la difesa della sua figura viene da una donna che rivendica la propria appartenenza femminista, mettendola in tensione con la carica eversiva del personaggio. Non solo seduttore, ma oppositore irriducibile, assunto a incarnare un potenziale di libertà che comprende anche la spietatezza e la beffa, rievocando gli ideali e le illusioni degli anni Sessanta. Il testo alterna dialoghi immaginari tra la narratrice e don Giovanni a capitoli in cui lei stessa racconta di incontri con specialisti e appassionati del mito di don Giovanni. Tra le versioni del mito che vengono presentate nei dialoghi: il racconto orale (di cui si trovano tracce fin dal Quattrocento) su Leonzio allievo di Machiavelli e dannato per il suo ateismo, messo in scena dai gesuiti di Ingolstadt nel 1615; la Commedia dell'Arte e il teatro dei burattini; l'opera di Mozart e Da Ponte; le versioni di Tirso de Molina, Molière, Byron, Hoffmann, ma anche di Ellery Queen, e quelle di film in cui don Giovanni è impersonato da Erroll Flynn (1948) o Marlon Brando (1995); le storie di Porfirio Rubirosa e Fred Buscaglione; e - grazie a un'interpretazione innovativa - le rielaborazioni coloniali e postcoloniali del mito di don Giovanni.
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