La figlia del cannibale

La figlia del cannibale

Lucia e Ramòn decidono di passare l'ultimo dell'anno a Vienna, ma pochi minuti prima di partire Ramòn scompare improvvisamente, svanito nei bagni pubblici dell'aeroporto. Dopo aver inutilmente denunciato la bizzarra sparizione alla polizia, Lucia inizia a indagare da sola, aiutata da Adrian, un turbador muchacho di ventun anni, e da Fortuna, un vecchio anarchico ottantenne, ex torero ed ex pistolero. Il sequestro del marito da parte di un gruppo politico trasforma la noiosa routine di Lucia, scrittrice di libri per l'infanzia, afflitta da un matrimonio senza slanci nè passioni, in un eccitante susseguirsi di colpi di scena, che stordiscono piacevolmente la donna come i lettori. La casa della protagonista diventa così uno scenario teatrale in cui viene rappresentata una tenebrosa commedia degli equivoci nella quale emerge l'innegabile bravura della scrittrice nell'alternare, ai momenti drammatici del racconto, descrizioni esilaranti di situazioni e personaggi. In una prosa ricca ed efficace, con uno stile semplice e diretto, Montero ci racconta di come un mistero voglia lottare per rivelarsi e di come una donna non si arrenda di fronte al senso di perdita e di ingano che l'avanzare dell'età porta con sé. "Adottata" dal vecchio Fortuna - voce razionale del pasato, carica di esperienza e di vita; risvegliata da Adrian - presenza emozionale e fisica, vero vortice vitale, irruenta come la giovinezza non ancora disillusa -, Lucia ritroverà la vcerità in un mondo di apparenze che lei stessa ha contribuito a creare, dando una direzione alla propria vita e ridestandosi dal torpore dei sentimenti.
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