La comunità inconfessabile

La comunità inconfessabile

Blanchot scrisse "La comunità inconfessabile" in risposta all'articolo che avevo pubblicato con il titolo "La comunità inoperosa". Fui colpito da questa risposta, anzitutto perché l'attenzione così marcata da parte di Blanchot dimostrava l'importanza del tema, non soltanto per lui, ma attraverso di lui per tutti coloro che sentivano una necessità imperiosa, anche violenta, di rimettere in questione quel che il comunismo aveva occultato così potentemente come l'aveva fatto sorgere: l'istanza del 'comune' - ma anche il suo enigma o la sua difficoltà, il suo carattere non dato, non disponibile, e in questo senso il meno 'comune' del mondo. [...] Ciò che è inconfessabile, non è indicibile. Al contrario, l'inconfessabile non finisce di essere detto o di dirsi nell'intimo silenzio di coloro che potrebbero ma non possono confessare. Immagino che Blanchot volesse 'intimarmi' questo silenzio e quel che significa: ordinarmelo e farlo entrare nella mia intimità, come l'intimità stessa - l'intimità di una comunicazione o di una comunità, l'intimità di una sorta 'd'opera' intima più nascosta di ogni inoperosità - rendendolo possibile e necessario ma senza lasciarsi dissolvere in esso. (Dallo scritto di Jean-Luc Nancy)
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