Mille gru

Mille gru

I personaggi di Kawabata, evanescenti e inquieti ma mai tragici, lontani da una vitalità eroica (al contrario di quelli di Mishima, ad esempio) o drammatica, sono piuttosto 'dilettanti del vivere' calati nella dicotomia fra il perseguimento di un ideale estetico di purezza e torbide pulsioni: ne deriva un erotismo vissuto come impossibilità di unione fra sé e l'oggetto del desiderio, che è tale proprio perché irraggiungibile. In questo dissidio fra l'individuo e la proiezione del suo desiderio sta l'eleganza: perché l'amore non è un sentimento, è un ideale estetico. I 'dilettanti del vivere' di Kawabata si muovono in una dimensione temporale sospesa, segnata dai ricordi, in un alternarsi continuo di passato e presente (da qui la frequente scelta di personaggi colti negli anni di una maturità carica di memoria), di vita e di morte. Inseguono nel presente le tracce del passato e dei morti, nel tentativo di rivivere il tempo perduto, e dare così nuovo spessore alla realtà. [...] Anche in "Mille gru" la morte e la vita si intersecano di continuo, fino a coincidere. Il protagonista Kikuji vive sulle tracce del padre defunto, frequentando le antiche amanti di lui, nell'impossibilità di prescindere dalla figura paterna. La giovane Fumiko parallelamente vive il suo rapporto con Kikuji nell'impossibilità di prescindere dalla figura materna: la madre di Fumiko e il padre di Kikuji, un tempo amanti, rivivono così nei loro figli, nelle coppe della cerimonia del tè rimaste a testimoniare la loro unione e che portano ancora le loro tracce (una macchia indelebile di rossetto sul bordo della tazza); sono dunque i morti, più dei vivi, ad avere dimensione, purezza, vita infinita. (Dallo scritto di Cristiana Ceci)
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