Tutta colpa di Fidel

Tutta colpa di Fidel

Il Sessantotto, spartiacque del secolo, croce e delizia, mito e oggetto di spregio, è stato tanto cantato e deriso, chiosato e interpretato. L'hanno raccontato gli ormai ex giovani reduci dall'allegro rimescolio e privi di altre battaglie da vantare, e gli ex adulti, grati alla licenza di sfogare, finalmente, antichi rancori. Non è stato mai raccontato da una ex bambina, una che allo scoppiare dei "formidabili" disordini riformatori del mondo non aveva né i canonici 17, o 27, né i comodi 37, che già ti tagliano fuori in quanto adulto per crimini anagrafici. Nel suo "Tutta colpa di Fidel", Domitilla Calamai ci regala quindi qualcosa di nuovo, di inedito. Per la sua protagonista, la bambina Ottavia, il Sessantotto è stata una rivoluzione subita: i genitori alto borghesi, la bella mamma mezza americana e profumata alla tuberosa, la bella casa, il bel prato, il casale in Toscana, la villa, la cuoca, il bel papà, spagnolo, la nonna paterna franchista ma simpatica, l'autista della nonna, le vacanze a Mallorca, le vacanze a Sabaudia, il pane fatto in casa, i vestiti di velluto con il collettino di pizzo, le Filomena e le Ofelia al servizio della sua infanzia protetta e allegra, tutto, come in un salotto buono sottoposto a terremoto, va in frantumi, Ottavia annichilita contempla i cocci sognando un impossibile ritorno alle sicurezze perdute. Il marito rivoluzionario della zia ricca figlia della nonna franchista viene incarcerato. La bella casa viene lasciata, si trasloca in una comune dove non c'è servitù. I parenti eleganti spariscono sostituiti da gente che fuma troppo e parla troppo. Le gite in Toscana vengono sostituite con manifestazioni incomprensibili. E alla fine, in tutto quel trambusto, papà e mamma si separano, lui si mette con una donnina orribile che chiama ostinatamente "Amore", lei dà le chiavi di casa a un tetro professore universitario. Ottavia pulisce da sola tutta la comune ormai deserta e sempre sporca, pulire le dà pace, invidia i centrini alla figlia dei portinai, si scaccola il naso nelle insalate di "Amore" e sogna di diventare come Jo, quella d"Piccole donne", "coraggiosa e forte", per non avere più bisogno di qualcuno che abbia tempo per lei, che non sovrapponga al suo piccolo mondo ordinato, ordini per un mondo nuovo, mai spiegato. (Lidia Ravera)
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