Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia (1765)

Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia (1765)

Ricorrendo al più duttile verso sciolto i poeti dell'età dei Lumi rivendicarono il diritto di cimentarsi nell'illustrazione dei progressi della ragione e nella trattazione di nuove verità scientifiche e filosofiche. Su quel rapporto fra letteratura e scienza molto si discusse allora. In Italia, una delle voci più efficaci sul piano della definizione dei postulati teorici fu quella di Giambattista Roberti; la sua "Lettera sopra l'uso della fisica nella poesia" vedeva la luce nel 1765, lo stesso anno in cui Giuseppe Parini affrontava un tema di stringente attualità sociale (l'inoculazione del vaiolo) in una prova poetica animata da accenti pindarici, nel segno di una ardita sperimentazione linguistica. La Lettera del gesuita bassanese si configura come un vero e proprio catalogo di notizie e di indicazioni per coloro che intendevano confrontarsi con la poesia scientifica. L'autore segnala i modelli antichi e moderni, suggerisce temi di istruzione e diletto, propone modalità espressive, raccomanda l'adozione di uno stile in grado di innalzare il dettato salvaguardando, però, la comprensione
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