Lars Von Trier. La luce oscura
Dici Lars von Trier e pensi a capolavori come Dogville, Le onde del destino e Melancholia. Ma pensi anche alle accuse di misoginia che di frequente gli sono state rivolte. A quando il Festival di Cannes lo bandì dopo che una sua battuta malriuscita su Hitler divenne marchio d'infamia. Allo scandalo rappresentato dalle 5 ore e mezza di Nymphomaniac, con le sue locandine orgasmiche e le sue immagini pornografiche. Quando si parla del regista danese è quasi impossibile rimanere neutrali, tenere separato l'artista dalla sua arte cinematografica, che si è espressa sin dagli esordi con una originalità e una crudeltà di pensiero, di forma e di storie più uniche che rare, e la cui parabola parrebbe essersi conclusa. L'autrice di questa monografia fluviale – su cui lo stesso von Trier ha apposto il sigillo, entusiasta che a scriverla fosse una donna, per di più italiana, con la quale ha accettato di parlare a lungo di sé, della sua carriera e della sua "filosofia" – la scandaglia per intero, con un'acutezza e una profondità degne del suo (s)oggetto di studio. Controverso, geniale e rivoluzionario da oltre 30 anni, cioè da quando scosse il mondo del cinema e non solo con il suo manifesto Dogma 95.
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