Petali e altri racconti scomodi

Petali e altri racconti scomodi

Una raccolta di racconti dove i protagonisti a volte sembrano opporsi alla loro alterità, altre volte si abbandonanao al loro amaro desiderio, portando però sempre su di loro l'oscuro fascino dell'anomalia. «Guadalupe Nettel è una finissima scrittrice messicana che in questi sei racconti soffia nel lettore l'alito dell'inquietudine che anima i suoi stessi personaggi» - Sette «Eccezione. È questa la prima parola che viene alla mente tentando di definire Guadalupe Nettel» – Andrea Marcolongo, TTL-La Stampa «Dietro i racconti di Guadalupe Nettel si sente il magistero di Edgar Allan Poe e di Julio Cortázar» – Andrea Bajani, Il Manifesto «Più guardavo i cactus, più li capivo. Di sicuro si sentivano soli in quella grande serra, incapaci di comunicare tra loro. I cactus erano gli outsider della serra, outsider che non condividevano altro se non il fatto di essere tali e, quindi, di stare sulla difensiva. «Se fossi nato pianta,» riconobbi tra me e me «sarei appartenuto senz'altro a questo genere.»" In «Petali e altri racconti scomodi» cogliamo l'attimo, che spesso riassume una vita, in cui i protagonisti scoprono ciò che potrebbero essere, o forse, ciò che non oseranno essere mai. Davanti ai nostri occhi, scorrono storie che ci appaiono nella loro più sconcertante intimità, come immagini proiettate con nettezza su una lastra radiografica. Un giovane fotografo parigino ritrae solo le palpebre di donne che stanno per sottomettersi a una chirurgia plastica; un impiegato giapponese scopre la sua strana affinità con i cactus, una modella lotta contro un tic che si porta dentro dall'infanzia, un'adolescente cerca in un'isola tropicale la Vera Solitudine, un collezionista di odori insegue la sua margherita nei bagni per signore. Maniacali, eccentrici o semplicemente troppo umani, i protagonisti di questi racconti a volte sembrano opporsi alla loro alterità, altre volte si abbandonano al loro amaro desiderio, portando però sempre su di loro l'oscuro fascino dell'anomalia. Perché, come sembra suggerirci l'autrice, è proprio in questa zona grigia, al confine tra l'armonia e la deformità, che risiede la vera bellezza.
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