Questo è il nostro mondo. La nuova frontiera del crimine finanziario

Questo è il nostro mondo. La nuova frontiera del crimine finanziario

"Fino all'età di cinquant'anni facevo parte di quelli che credono nella grandezza delle istituzioni e nella nobiltà del potere." Queste parole, sconfortanti per un giudice istruttore, segnano a posteriori il ricordo di un magistrato-simbolo francese, Eva Joly, che a metà degli anni Novanta si è imbattuta nel più grosso scandalo che abbia mai sconvolto la Francia: il caso Elf, il colosso petrolifero nazionale, che coinvolse le più alte sfere del mondo economico e politico in un vortice di corruzione, tangenti internazionali e fondi neri tali da raggiungere cifre stratosferiche. Il libro è un racconto ma anche una riflessione programmatica. La storia, narrata in prima persona coi toni del thriller politico all'americana, è quella di una rappresentante della giustizia che scopre suo malgrado un mondo inavvicinabile nel cuore dello Stato, la faccia opaca della democrazia, dove nessuno vuol vedere il marcio, e dove le intimidazioni, le minacce di morte e gli ostacoli frapposti dalla stessa gerarchia creano la kafkiana atmosfera di un 'castello' che respinge gli intrusi, che non teme nulla perché tutto corrompe, compra, e considera la legge un fastidioso accessorio a uso e consumo dei suoi bisogni. Una dimensione inconcepibile per il normale cittadino, che la Joly chiama 'impunità' piuttosto che corruzione, quasi a sottolineare l'impotenza di chi, credendo nell'uguaglianza della giustizia, deve affrontare un'élite di potere che agisce in un mondo fatto di paradisi fiscali, banche compiacenti e staterelli con leggi ad hoc per proteggere i capitali illeciti, un mondo in cui la vecchia democrazia ha perso le sue difese e i suoi punti di riferimento. Ritornata a vivere nella sua natia Norvegia, la Joly ha trovato forse il riscatto, per le umiliazioni subite, nel nuovo ruolo di consulente anticorruzione presso i ministeri della Giustizia e degli Esteri norvegesi. Del suo libro infatti non fa il 'cahier de doléances' di una sconfitta ma una riflessione di speranza operante, improntata a un'etica del lavoro e del dovere tipicamente protestante. E chiude con le proposte attive dei più celebri magistrati del mondo raccolte nella "Dichiarazione di Parigi", appello ai governi per aggiornare le armi del diritto nella nuova era del crimine finanziario globalizzato.
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