La mia aquila. La regina alpina nelle esperienze di un appassionato naturalista

La mia aquila. La regina alpina nelle esperienze di un appassionato naturalista

Quando ero poco più che adolescente e ambivo a tante cime alpine, occasionalmente chiacchieravo con altri escursionisti di uno o dell'altro animale selvatico e alla voce "aquila reale" corrispondeva, perlopiù, una sola esclamazione: estinta! Invece, l'incontro con due pennuti maestosi, avvenuto nell'imminenza della cima del Monte Castello di Andreis - era il mese di ottobre del 1986 - mi suggerì che le cose non stavano così. Germogliò in me una passione latente, che mi portò a svestirmi degli abiti sgargianti del provetto rocciatore per indossarne di mimetici, trasformandomi in un escursionista naturalista. Non affrontai più le montagne per l'orgoglio delle cime, ma per il piacere di conoscerne gli innumerevoli e affascinanti contenuti. Il maestoso rapace aveva già esaltato imperatori e condottieri. Incantati dal suo sguardo severo, lo riportavano in bandiere e stendardi. Per oltre vent'anni, la regina alpina è stata una perdizione anche per me, il denominatore comune di tante giornate a indagare ed esplorare.
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