La ragazza nel portabagagli

La ragazza nel portabagagli

«Racconto affascinante, tra Scott Fitzgerald e Honoré de Balzac, La ragazza nel portabagagli è un tuffo nella vasta piscina a forma di cuore della società americana tra le due guerre.» - Italiaoggi «O'Hara dà il meglio di sé in questa amara novella e la postfazione di Stefano Friani ci parla a lungo di lui: di un uomo - piuttosto sbagliato - e dei suoi grandi racconti» - Vittorio Giacopini, Il Sole 24 Ore «È un gioiello capace di evocare gli anni della Depressione e dell'avvento del cinema sonoro senza mai uscire da una cornice quasi intimista» - Il fatto Quotidiano «Volevo registrare come parlava la gente dell'epoca, come pensava e sentiva, e farlo col massimo dell'onestà e dell'attenzione alle sfumature…». Dovessimo partire da questa esplicita dichiarazione d'intenti non avremmo esitazioni inquadrare La ragazza nel portabagagli all'interno di una cornice realista. Proprio come O'Hara, del resto, il protagonista Jim Malloy muove i suoi primi passi da reporter: passa in rassegna i documenti, si attiene ai fatti, intervista persone, riporta notizie. Eppure Manhattan non è Gibbsville, non è la Pennsylvania né la provincia; qui l'aria è viziata dallo smog, dalle illusioni, e da ciò che rimane del sogno americano. Di che realismo si tratta? Più ci guardiamo attorno in questa novella e meno luoghi riusciamo a scorgere. La New York della Depressione e degli speakeasy è lasciata sullo sfondo, tratteggiata su un pannello scenografico, mentre il racconto sembra scaturire direttamente dalla rivoluzione del sonoro. Il giovane Malloy si inventa press agent di una grande azienda cinematografica e i suoi giorni estivi vengono scossi dall'arrivo di una diva in declino a cui dovrà dedicare tutte le sue attenzioni. Chottie Sears chiacchiera, si racconta, spesso è adulatrice, si concede e poi si ritrae. Le parole scambiate con lei hanno l'aria di un'educazione sentimentale - la prima, nella trilogia Prediche e acqua minerale - che però solo a tratti, e a fatica, parla d'amore. Se di realismo si tratta, allora, è tutto in questo rapporto verbale, mutevole, al limite del capriccio. Nell'attrazione che diventa autoinganno, nel sesso e nella gelosia, nelle parole che intendono altro. E solo alla fine, con una certa dose di cinico distacco, nel dramma.
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