Cristina Campo. L'ambasciatrice mondana di regni non mondani
Scrittrice e pensatrice dalla personalità anomala, immune da ogni ambizione di successo, refrattaria allo scrivere purché si scriva, tormentata da una religiosità tendente all’eresia, autrice di un cospicuo numero di lettere ove non manca mai di manifestare un amaro senso di inappartenenza al mondo – non avere lettori era un point d’honneur di cui vantarsi – questa era Cristina Campo (1923-1977). Nelle poche opere pubblicate appare pervasa da una curiosità sempre alla scoperta dell’inaspettato e dell’impossibile, soprattutto nelle fiabe, considerate lo specchio dei nostri celati destini. Ammirava quei poeti “imperdonabili” ossessionati, come lei, dall’idea di perfezione e dalla ricerca del “sapore massimo di ogni parola”. Il libro qui proposto, attingendo soprattutto alla corrispondenza, ripercorre i momenti esistenziali e creativi che più la rappresentano: la malattia come linguaggio divino, la scrittura quale rito pari alla liturgia sacerdotale, il mito della perfezione come accesso alla “parola piena” spinta fino all’indicibile, il fatale incontro tra mistero della fiaba e segretezza del destino, la riscrittura della sua giovanile iniziazione alla vita sotto le insegne di una magica e fiabesca imprevedibilità.
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