Il punto estremo

Il punto estremo

Che cos’è la poesia? E perché continuiamo a porci questa domanda, che non ci lascia in pace? E poi, come si rapporta questo assillo al vivere pienamente, senza sottrarsi all’impegno che la vita ci chiede ogni giorno? L’idea di poesia che viene privilegiata in questa silloge è quella di un gioco o di un esercizio di chi si colloca agli estremi, anzi al punto estremo del gioco stesso. Sarà il punto di passaggio, quel porsi tra vita e morte che sembra essere il limite sperimentabile di ogni persona in transito sulla terra. Sarà, nella scrittura poetica, l’intuizione per attimi intensissimi e forse ineffabili del rapporto tra il qui-e-ora e il dopo. La poesia si misura con ciò che è estremo, che non si lascia addomesticare e neppure definire. E questo si può esprimere anche nell’ambito domestico, nell’esperienza della natura, nel vivo delle relazioni umane, così come in certi eventi di portata storica a cui sia dato al singolo eccezionalmente di partecipare. La poesia è un incontro che alla fine lascia senza fiato, senza risorse. È qualcosa che allude all’oltre balbettando, senza poterne veramente parlare. Per questo, “Se ogni volta / non sfiorasse l’abisso / a rischio della vita / e non evocasse l’oltre / indicibile e sublime / la poesia / forse / sarebbe inutile”.
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