Modernismo e democrazia cristiana

Modernismo e democrazia cristiana

Il disegno di trasformare lo stato borghese in una democrazia pervasa dai valori del cristianesimo, già al primo apparire considerato da molti utopistico, risulta confinato nel mondo dell’assurdo da quando il regime politico prevalso nel mondo occidentale con l’etichetta di democrazia ha intrapreso a ripudiare detti valori, perché considerati inconciliabili con l’ordinamento di cui promuove lo sviluppo. Romolo Murri, pur avendo sperimentato le difficoltà e le resistenze che incontra un’azione volta a permeare la società di spirito religioso, era restato sempre fedele alla sua illusione giovanile, e nel 1904 vagheggiava nuovi rapporti politico-sociali che fossero anche rapporti religiosi, divenendo tutt’uno sul piano della storia. Ma nel 1945, alla vigilia della morte, giunto a un approdo di liberazione che altri non riuscirono a intravedere, riconosceva che “il cristianesimo appartiene all’eterno, la democrazia è cosa della storia, che si svolge e muta”. Fare del cristianesimo una forza collettiva di redenzione, liberazione e salvezza dell’umanità significava considerarlo un elemento della storia affidato alla volontà delle masse, cadere cioè nell’errore di cui Joseph Ratzinger ha colto la presenza, osservando: “La redenzione non potrà risparmiare a nessuno l’avventura dell’essere uomo. Non potrà poi essere preventivamente programmabile dall’esterno, perché riguarda l’uomo in ciò che egli è personalmente, in ciò di cui è colpevole e che ama”.
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