Un fascismo impossibile. L'eresia di Berto Ricci nella cultura del ventennio

Un fascismo impossibile. L'eresia di Berto Ricci nella cultura del ventennio

"Ancora oggi Indro Montanelli riconosce in lui ""il solo maestro di carattere ch'io abbia trovato in Italia"": nato a Firenze nel 1905 e morto nel 1941 in uno scontro bellico, poeta, matematico e rivoluzionario, Berto Ricci costituisce in effetti un'immagine sintetica e contraddittoria della cultura del Ventennio. Ricci si rivela dapprima un anarchico, appassionato lettore di Stirner e Sorel, poi diviene antifascista intransigente sino al '25, e infine mussoliniano e strapaesano già nel '27, benché non sia convinto della politica del regime che si va consolidando e abbia difficoltà ad ottenere la tessera del PNF, inizialmente rifiutatagli da Alessandro Pavolini. Così, sulla base di una spiccata vocazione alla letteratura e alla politica appresa alla scuola vociana e non senza l'aiuto amichevole di Enrico Vallecchi, nella cui casa editrice egli conosce i protagonisti della cultura fiorentina (Soffici, Papini, Rosai, Maccari, Pellizzi), Berto Ricci collabora al ""Selvaggio"", al ""Popolo d'Italia"", alla ""Critica fascista"" di Bottai, e fonda ""Il Rosai"" e ""L'Universale"" (1931-1935). Rivista, quest'ultima, di particolare interesse, in cui, attraverso articoli di politica culturale, di letteratura e di costume, Ricci teorizza una svolta antiborghese proprio negli anni dell'Impero: cercando di sconfiggere il sogno regressivo di Strapaese, egli plasma in realtà un'idea politico-culturale che si oppone alla civiltà capitalistica e offre una risposta originale al processo di modernizzazione in atto all'inizio degli anni Trenta. Nel suo ""fascismo impossibile"", sorvegliato dalla stima ostile di Mussolini, si sintetizza dunque un'avventura politica e intellettuale comune agli altri amici di Ricci, da Dino Garrone e Romano Bilenchi a Indro Montanelli e Luigi Bartolini."
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