Gli avvocati italiani dall'unità alla Repubblica

Gli avvocati italiani dall'unità alla Repubblica

In un momento storico in cui l'identità dell'avvocatura è messa in discussione dalla proposta di equiparare libera professione e impresa secondo il principio della libera concorrenza, una storia della professione forense di lungo periodo può fornire elementi di riflessione al serrato dibattito tra mondo professionale, politico, economico e sociale. Combinando fonti archivistiche, legislative e statistiche con la produzione interna della categoria (annuari, riviste professionali, pubblicistica, memorialistica), l'autrice propone una storia dell'avvocatura che dall'Unità arriva alla ricostituzione, dopo il ventennio fascista, dell'Ordine nell'Italia repubblicana. La professione forense nel giro di sessant'anni ha conosciuto tre diversi ordinamenti, l'ultimo dei quali, varato nel 1933, mostra ormai da tempo la sua inadeguatezza perché - al di là del forte condizionamento politico del regime fascista - è stato concepito per una professione ben diversa da quella attuale. L'analisi diacronica consente di mettere in luce alcune delle caratteristiche peculiari e costanti della storia degli avvocati in Italia: il rapporto privilegiato con lo Stato, fin dal riconoscimento giuridico del 1874, che sancì l'incontro tra le esigenze di professionalizzazione del ceto e quelle del governo di creare un mercato nazionale dei servizi legali; la grande rilevanza pubblica dell'uomo di legge, parte integrante della classe dirigente locale e nazionale; il forte spirito di 'ceto'; la persistente discriminazione di genere; la 'retorica del sovraffollamento' degli albi professionali.
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