Disincanto e passione. Per un'etica civile nei «tempi bui»

Disincanto e passione. Per un'etica civile nei «tempi bui»

«Il disincanto non è la pigrizia del cuore, non è distanza dalle passioni. La passione è motus animi diretto verso la realtà». Giovanni Stanghellini La Storia conosce periodi in cui lo spazio pubblico si oscura e il mondo diventa così incerto che le persone non chiedono più alla politica se non di prestare attenzione ai loro bisogni vitali, ai loro interessi individuali e alla loro libertà privata. Tempi bui, contrassegnati dall’individualismo estremo, dalla svalutazione dei rapporti sociali intesi come reciprocità e mutualità e dalla loro riduzione a finalità meramente utilitaristiche; controvalori, questi, accompagnati, anzi sorretti, dall’indifferenza e dal fatalismo. Il disincanto non è la pigrizia del cuore, non è distanza dalle passioni. Il disincanto è l’intelligenza del negativo, cioè la capacità di riconoscere il negativo che è nella realtà. Ma questa intelligenza è tenebra se non è rischiarata da una forza civile e morale: la simpatia per l’umano. La passione è motus animi diretto verso la realtà. Tanto più c’è passione, tanto più c’è contatto con la realtà poiché le passioni, muovendoci e commuovendoci, ci rendono più consapevoli della nostra esistenza e ci fanno sentire più reali e connessi con gli altri. Questo testo passa in rassegna le figure della speranza, dell’utopia, della povertà e dell’eros, convocando anche la poesia.
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