Spaccaferro

Spaccaferro

"Era un albero di fico, come mai se ne erano visti, alto più di trenta metri e con un grosso tronco spaccato in due nella parte iniziale: una fenditura ampia tale da consentire un rifugio a una persona rannicchiata. In quel momento in cui l'albero era stato afferrato da quelle mani spaventose, a lui - più che ricordargli delle tante volte che vi si era rifugiato per non farsi trovare e sfuggire così alle incessanti, amorevoli cure della madre che lo infastidivano come se fosse stato una debole femminuccia - fece venire in mente qualcosa che ancora, in età matura, gli procurava disagio ma anche dolce e inspiegabile turbamento: allorché ragazzo di circa dieci anni - curvato sotto l'albero nella calura estiva - toglieva dai pantaloncini il membro e lo mostrava a lei, inginocchiata di fronte con le gambe divaricate a indicare con lo sguardo quella palpitante intimità che occhieggiava tra la calda peluria bionda. Lei gli aveva detto che solo così facendo le cicale - che finivano in quel pomeriggio - avrebbero smesso per rifugiarsi con il loro canto per sempre in quel roseo triangolo e egli avrebbe preso da lì le cicale, succhiandole con le sue tenere labbra." (l'incipit del libro)
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