Dante e il mare

Dante e il mare

Nel viaggio oltremondano raccontato nella Commedia, Dante rasenta una volta sola il mare: sono le acque oceaniche che bagnano l’isola del purgatorio nell’emisfero australe, che il poeta vede dopo essere uscito dall’inferno. In quelle stesse acque, all’inizio della creazione è precipitato Lucifero, e lì è naufragata la nave di Ulisse, dopo che l’eroe greco aveva convinto i suoi compagni a lanciarsi oltre le Colonne d’Ercole. Il Mar Mediterraneo è invece presente nei racconti di personaggi incontrati lungo il cammino, da Francesca a Folchetto di Marsiglia, da Pier da Medicina a Sapia. Il mare nostrum si intravede anche nei miti che interagiscono con la poesia dantesca: Glauco, la Sirena, Ero e Leandro, gli Argonauti. Tuttavia, è nel tessuto metaforico che il mare fa sentire maggiormente il rumore dei suoi flutti, a partire dalla similitudine con cui si apre il poema, quella di un naufrago che scruta le acque alle quali è sopravvissuto, fino all’immagine del canto finale del Paradiso, in cui Nettuno guarda meravigliato l’ombra di Argo, la prima nave che ha solcato il suo regno. C’è poi una metafora antica che Dante rende sua e rinnova, quella della poesia come navigazione, che apre mirabilmente le ultime due cantiche e innerva l’intera struttura del poema. Quello del mare è un tema ricorrente nella Commedia, ma è presente in quasi tutte le opere di Dante; dato curioso, visto che molto probabilmente egli non ebbe mai occasione di solcarlo. Si tratta di un argomento sterminato, ricco di sfaccettature, oltre che di implicazioni letterarie e filosofiche, spesso toccato dalla critica, ma fino a oggi mai affrontato compiutamente in una monografia. Il libro di Pirovano colma questa lacuna offrendo un’analisi completa della presenza del mare, fisico e metaforico, nel corpus dantesco.
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