A Enea Finzi non sparano in fronte

A Enea Finzi non sparano in fronte

Questa volta Orsenigo racconta in prima persona una storia che gli è stata raccontata da più narratori fedeli e infedeli in un luogo di Milano amato anche da chi ha il vizio dello scrivere: la Pasticceria Marchesi, in fondo a via Meravigli, di recente comperata da un couturier internazionale. Enea Finzi il superstite, lo scampato alle camere a gas, nato in famiglia ebraica da tempo "non osservante", dopo aver vissuto gli orrori di Treblinka, tornato nel suo paese, invece di uccidersi gettandosi a capofitto in un precipizio urbano o extraurbano per allontanare da sé troppe, insopportabili immagini, si lascia docilmente plasmare dal nuovo stato delle cose e corre la sua banale avventura di smorto e quasi eccellente integrato nella società del dopoguerra. Sopravvive nel sopravvissuto il prodigio di due forme d'estasi solo in apparenza opposte, quella affiorante nei diari di antiche monache tedesche scrutati da Martin Buber, e quella innervata nel comportamento di Klaus, aguzzino nel Campo di sterminio, e del suo feroce cane d'assalto che l'hanno inspiegabilmente, e come in coppia, graziato.
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