Dimmi ancora una parola

Dimmi ancora una parola

"L'amante è seduto su una sdraio, davanti a lei, gli occhi grigi screziati dello stesso colore del cielo, i capelli che s'incapricciano sul collo appena spettinati dalla brezza del mare, le sorride come se volesse essere felice per sempre, come se non volesse dimenticarla mai... E' una menzogna nitida questo ricordo che ha la consistenza di una Polaroid... Ma le piace troppo per separarsene." Come si ricorda una vita? Magari inventando il passato. Oppure, complici le bugie della memoria, provando a ricostruirlo attraverso due grandi passioni: gli uomini e le parole. Due fuochi che hanno illuminato e guidato, ma anche bruciato e messo in pericolo un percorso femminile lambito dal dolore e dalla dissipazione, un percorso che ora si avvia verso una compiuta maturità, dalla segretissima e conturbante lettura del "Padrino" a un'atipica ed eccentrica carriera di giornalista. Sfilano nelle pagine di questo romanzo le figure maschili di un'ideale geografia del sentimento: il padre, grande affabulatore, che lascia alla protagonista il mandato di parlare (anche per lui?), l'amante, il marito, l'amico. E poi la madre bambina, dalla figlia "amata oltre l'amore", l'immensa cameriera Rosa che bacia appassionatamente 'tirònepowèr' sullo schermo televisivo alla fine di "Sangue e arena" e la inizia alla passione per il cinema, il 'primo amore' che nel 1973 "con infinita e didascalica pazienza" le spiega la politica e la tradisce con la sua migliore amica. Dalla Napoli dell'infanzia e dell'adolescenza a una grande città del Nord, una donna racconta e insieme viene raccontata. Quale delle due voci è la più vera? Una scrittura spoglia e di terribile dolcezza risolve il gioco che memoria e oblio ricalcano sulla trama della vita.
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