Stanno tutti bene tranne me

Stanno tutti bene tranne me

In questo romanzo ci sono varie storie che si sfiorano, ci sono vicini di casa, animali domestici, uno psicanalista, una donna delle pulizie, tappeti, librerie e tutta la tranquillità della vita borghese. Una tranquillità che funziona quasi come un farmaco, che stordisce e crea dipendenza. Margherita, per esempio. Quando si è sposata, suo marito le è sembrato l'uomo perfetto, forte e vincente. Solo ora si rende conto del fallimento, di vivere con un estraneo, anaffettivo e incapace di empatia fino alla crudeltà. Poi arriva un colpo di scena destabilizzante non solo per il lettore ma anche per lei. E la sua vita si spacca in due. Il fallimento diventa tangibile, biologico. La famiglia borghese diventa un mostro che la tiene in trappola con i suoi meccanismi di agghiacciante normalità. Ma Margherita sarà la spia d'allarme, la bocca che urla, il dito che indica. Scaverà nella normalità come si scava nella terra, sporcandosi le mani. E scoprirà che il mostro è reale, in carne e ossa e la famiglia è solo la sua tana. E gli altri? Com'è fatta la vita degli altri? Margherita guarda i suoi vicini di casa a cui è appena morto un figlio neonato e si chiede come facciano a sopportare tanto dolore. Ma questo è un libro sul superamento del dolore. Coglie i protagonisti nel momento della scelta: restare fermi sull'orlo dell'abisso a contemplare la catastrofe oppure andare avanti. Non è una scelta ragionata, è piuttosto una pulsione alla vita che appartiene a tutti gli animali, alle piante, a tutti gli organismi.
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