Cercavo un'immensità. Vita di Clarice Lispector

Cercavo un'immensità. Vita di Clarice Lispector

«Ho la certezza che nella culla il mio primo desiderio è stato di appartenere, e in qualche modo sentivo di non appartenere a nulla e a nessuno», scrive. Non essere di nessun luogo è la sua prima mancanza: e di quel senso di friabilità della base, di non saldo e non calmo venire al mondo e in seguito di sempre difficile, enigmatico abitarlo - di quella sottile vulnerabilità che tallona Clarice e le si spalanca nel pensiero come baratro sempre possibile, contiguo, la scrittura, il sentire sin da molto presto di essere una scrittrice e di volere con tutte le sue fibre diventarlo, è la principale cura. Una medicina, una forma di restituzione. «Scrivendo appartenevo almeno un po' a me stessa», dice. Sia nella fase più errabonda che in quella più stanziale della sua esistenza, la vita creativa è punto fermo, motivo di equilibrio e di allineamento. Un modo - il più consono - di "fare casa".
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